Prosegue il ciclo di conferenze su I protagonisti della politica meridionalistica tra 1800 e 1900. Giovedì 15 ottobre è stata la volta del professor Maurizio Griffo (ordinario di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Napoli “Federico II”), con una conferenza dedicata alla figura e all’opera di Giustino Fortunato. A presentare l’appuntamento è stato il professor Nunzio Cignarella, che si è soffermato sui rapporti intensi tra Fortunato e l’Irpinia.
L’interessante e denso intervento del professor Griffo si è articolato in tre parti: 1. esposizione della tesi principale del meridionalismo di Fortunato; 2. periodizzazione e analisi dell’evoluzione del suo pensiero politico e del suo impegno pubblico; 3. approfondimento del carattere unitario e nazionale della sua teoria.
1. Fortunato distrusse il mito del Mezzogiorno come “giardino d’Europa”, diventato senso comune. Era diffusa, infatti, la convinzione che il Sud fosse una terra ricca e ubertosa, con grandi possibilità di sviluppo. Fortunato conosceva bene la configurazione geologica e idrografica del Sud, anche perché per un ventennio aveva compiuto lunghe escursioni sull’Appennino meridionale. Questa esperienza diretta lo portò a concludere che nel Sud c’erano condizioni difficilissime a causa del clima e della configurazione del suolo: “terre argillose, sterili, deserte, ovunque terribilmente malariche”.
Oltre al fattore geografico, pesava sul Mezzogiorno una storia infelice: lunghe dominazioni straniere e un regime feudale oppressivo che, col tempo, si era trasformato in un latifondismo esoso e assenteista.
2. Fortunato entrò nel Parlamento nel 1880 e per quasi un ventennio fu favorevole all’intervento dello Stato per ridurre la diseguaglianza tra Nord e Sud, soprattutto nel campo delle infrastrutture (si impegnò per la costruzione della strada rotabile del Vulture, dell’acquedotto pugliese e della ferrovia ofantina).
Nel 1898, però, Fortunato assunse una posizione liberista che mantenne fino alla fine. Questo cambiamento derivava dalla considerazione che il Sud subiva una pressione fiscale più forte, in termini percentuali, rispetto al resto del Paese, e che alleggerire il peso delle imposte avrebbe fatto crescere le imprese meridionali.
In Parlamento Fortunato si distinse per una grande indipendenza di giudizio, derivante anche dal fatto che nel suo collegio egli era il candidato unico, tanto che fu eletto per nove legislature. Si ritirò nel 1909 quando fu avanzata una nuova candidatura. Fortunato godette in Parlamento di grande autorevolezza, ma fu sostanzialmente isolato. Le cose cambiarono nel 1911 quando pubblicò i suoi discorsi parlamentari (Il Mezzogiorno e lo Stato italiano). Le sue idee cominciarono a circolare raggiungendo un pubblico più ampio, tanto che divenne il punto di riferimento di una nuova generazione di meridionalisti (Salvemini, Dorso, Isnardi, Zanotti Bianco, Rossi-Doria).
Lo scoppio della prima guerra mondiale (fu assolutamente contrario all’intervento italiano), il tempestoso dopoguerra, le drammatiche vicende familiari (la morte di due fratelli), il peggioramento delle sue condizioni di salute lo indussero ad un amaro pessimismo che si manifestò soprattutto nel Carteggio.
3. Il meridionalismo di Fortunato si può definire nazionale e unitario, perché privo di ogni sfumatura localistica o rivendicativa. Per illustrare meglio il carattere peculiare del suo pensiero, il professor Griffo ha ricordato la polemica che lo contrappose a Nitti. Questi aveva sottolineato quelli che, secondo lui, erano gli aspetti positivi dell’economia meridionale prima dell’Unità. Fortunato, invece, aveva fatto notare “che, tranne poche industrie protette, la gran parte della produzione era agricola e volta all’autoconsumo”. Nella posizione nittiana Fortunato aveva percepito il rischio di una certa nostalgia per il passato ed era intervenuto per fugare ogni propensione antiunitaria. La stessa intonazione patriottica fu alla base della sua profonda ammirazione per la Storia d’Italia di Benedetto Croce perché nell’opera era presente un grande apprezzamento dell’Italia postunitaria. L’Unità era stata, per Fortunato, il grande evento della storia patria e riteneva che la questione meridionale potesse trovare una soluzione soltanto all’interno della cornice della nuova Italia.
La conferenza è stata seguita da un vivace e ampio dibattito, con il contributo di Piero De Gruttola, Luigi Mainolfi, Lia Tino Tropeano e Antonio Iannaco.